La Giusta Misura nella Sceneggiatura

By | September 13, 2015

Ho visto “Beasts of No Nation”, il film in concorso a Venezia prodotto da Netflix, che andrà su Netflix – e solo in 29 sale in tutti gli Stati Uniti – il prossimo 18 ottobre. Beh, da una parte è una rivoluzione totale. Piccola, ancora. Ma se i film – i film veri, quelli “da festival” – verranno prodotti per non andare più in sala, c’è da ripensare tutto il lavoro di sceneggiatore.

Oppure, più semplicemente, il cinema come evento collettivo, la proiezione dove duemila persone si emozionano o si indispettiscono o si annoiano o fanno “buuuh!” tutte insieme è qualcosa a cui dire addio.

Ma di questo, dei nuovi scenari per la sceneggiatura, parleremo diffusamente prima o poi.

Adesso, alcune considerazioni:

Prima considerazione, questa. Che poi non è neanche una novità assoluta: il festival di Roma di due anni fa lo vinse Larry Clarke con un film che lui scelse di distribuire solo su Internet.

Seconda considerazione: il film racconta di un bambino che vive in un villaggio senza nome di un paese dell’Africa senza nome. Viene la guerra, la sua famiglia è disintegrata, lui si ritrova in mezzo alla giungla a mangiare erbe e morire di fame. Arriva un gruppo di guerriglieri, comandati da un tipo che sembra un po’ Kurtz, un po’ Che Guevara, un po’ Mangiafuoco, un po’ Aguirre furore di Dio: è Idris Elba con i suoi quasi due metri che arruola bambini, e insegna loro a ammazzare.

Così il bambino impara a tagliare una testa come un melone, con un colpo di sciabola. Impara che o tocca all’altro, o tocca a lui. Impara a drogarsi di “brown brown”. E noi spettatori assistiamo a un orrore dopo l’altro. Troppi per funzionare. Un orrore ti strazia l’anima, tanti tutti insieme ti anestetizzano, diventano puro spettacolo.

Terza considerazione: il libro da cui il film è tratto non è la testimonianza di un soldato bambino, ma la tesi di laurea di uno studente di Washington, D.C., laureatosi ad Harvard. Insomma, c’è quella distanza sospetta, la sensazione che uno racconti stando a casa, con i cereali la mattina e la partita dei Lakers sul televisore la sera. E che immagini l’orrore come un film, appunto, con le scene più “graphic” possibile.

E allora, questo film girato in Ghana, nei luoghi “veri” dell’Africa, con un bambino che ha uno sguardo dove ci leggi di tutto, ma più di tutto un’immensa stanchezza di dare la morte, questo film – che mi mette davanti quel bambino, affinché abbia compassione – sembra piuttosto un Luna Park, sembra entertainment e non ricerca profonda, è orgasmo visivo e non vertigine psicologica, e in definitiva no, per me non è cinema.

Perché a volte, non importa mettere tutto, ma proprio tutto il campionario di quello che può succedere, data una situazione di partenza. E’ importante la giusta misura nella sceneggiatura.

Qui invece abbiamo un elenco telefonico di situazioni limite da guerra: la madre fugge con un bimbo, il caos dei profughi, i soldi dati a uno che con la macchina può portarli via dalla guerra; i soldati “cattivi” che arrivano con i tanks; la strega del villaggio che ci mette del suo, accusando i pacifici abitanti di essere dei ribelli; le esecuzioni sommarie; l’esercito tutto di bambini; il discorso del comandante prima della battaglia; le comunicazioni col luogotenente col telefono da campo; l’agguato; le prostitute; i politici che sono quelli che riescono a fregare anche il comandante guerriero; i prigionieri con una bomba a mano legata col nastro adesivo alla bocca; il prigioniero che tocca al bambino ammazzarlo.

La lezione da imparare qui, in termini di sceneggiatura è: NON ESAGERARE. Trovare la giusta misura nella sceneggiatura, come in ogni forma di arte, e togliere togliere togliere, cancellare intere scene, pagine, dialoghi, azioni, personaggi, elementi in fase di revisione fino a raggiungere il limite minimo oltre il quale togliendo ulteriormente la storia che si intende raccontare non sarebbe più la stessa.

…che non è affatto una cosa semplice da fare.
Senza il giusto metodo (soprattutto in fase di preparazione, quindi scaletta, trattamento, etc) è molto facile arrivare a una prima stesura ridondante di elementi superflui, e abbastanza macchinosa poi da revisionare (infatti la maggior parte degli sceneggiatori usa la tecnica dello struzzo: fa finta di non vedere e lascia tutto il minestrone così com’è sperando che nessuno se ne accorga…)


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